Scopo e contesto
L’obiettivo di questo spazio di discussione è arrivare alla redazione del position paper che funga da base di partenza per la discussione pubblica che si terrà in occasione del brainstorming del 14 Maggio 2015 presso l’Università di Siena. L’incontro avviene nel contesto dei lavori per l’avviamento della Digital Cultural Heritage, Arts and Humanities School e deve produrre indicazioni utili allo sviluppo delle sue strategie. In particolare, deve far emergere le priorità percepite dai possibili beneficiari a livello di domanda di competenze digitali nel settore patrimonio culturale, arti e scienze umanistiche.
Tema della discussione
Il focus tratta di come ripensare il sistema culturale in relazione al mondo che cambia per rilanciare una sua funzione d’innovazione sociale, capace di misurarsi con le nuove generazioni e le più ampie fasce di popolazione.
Ciò può essere fatto anche in modo ludico, invitando l’utente-cittadino (compreso quello “temporaneo” come il turista e il viaggiatore) a mettersi in gioco, progettando operazioni culturali e multimediali che sollecitino connessioni, dando senso all’approccio definito edutainment concetto che può essere tradotto in “imparare giocando”.
Il cardine della questione riguarda la capacità di rilevare le diverse forme dell’arte (da quella antica a quella contemporanea, da quella “pura” a quella applicata, estesa fino alle culture materiali e artigiane) perché rivelino l’essenza di un tempo storico e ancor più quello dei luoghi, perché valorizzano il territorio che le ha generate.
Ci piace pensare che il genius loci rappresenti una matrice da cui deriva gran parte delle espressioni antropiche, a partire da quelle creative ed artistiche. In tal senso è fondamentale fare in modo che le arti rilevate siano messe nelle condizioni di rivelare un territorio attraverso allestimenti e progetti di comunicazione ipermediale. Di conseguenza a ciò diventa possibile reinventare una politica culturale che contribuisca a rilanciare un rapporto di prossimità con la bellezza e l’intelligenza espressa dalle comunità nell’arco del tempo storico e ancor più nel contemporaneo. Un processo di “cultura dell’innovazione” che deve tendere a rimettere in equilibrio il rapporto tra l’offerta culturale e la sua domanda potenziale. Da potenziare. E’ con questo ragionamento che sarà possibile rilanciare le strategie che promuovono le diverse forme di cittadinanza attiva, coniugando rigenerazione urbana e progetti espositivi di nuova concezione performativa e museale.
Modalità di discussione
Per lo sviluppo della discussione si invita a usare i commenti di questa pagina. Non è obbligatorio, ma è auspicato, l’utilizzo di un profilo che mostri nome reale e soprattutto una propria foto. Aiuta a conoscersi. Si invita anche a cercare di sviluppare e approfondire i thread esistenti prima di aprirne di nuovi, nei limiti del possibile. Appena emergeranno i primi elementi di condivisione, questi verranno inseriti in un documento condiviso il cui link verrà reso disponibile su questa pagina.
ecco un contributo che sarà utile alla definizione di un position paper.
E’ un testo che ripesco da un progetto che ho elaborato tempo fa.
Credo che siano rilevate alcune delle parole chiavi + importanti. Invito tutti a individuarne altre.
L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel 2012 ha lanciato un
particolare indicatore di valore: il Better Life Index che permette
di cogliere la rilevanza delle Nazioni sulla base di particolari
coefficienti, centrati sulla qualità della vita. Il fatto è che nei
prossimi anni a trainare l’economia occidentale non sarà più
l’industria siderurgica, le automobili o gli elettrodomestici ma
fattori come conoscenza, benessere, cooperazione.
In questo senso chiunque eserciti
governance dovrà pensare la cosa pubblica sempre più orientata
verso la qualità della vita, la cultura e l’innovazione sociale,
perché è proprio in questi ambiti che si potrà produrre ricchezza.
Le città da luoghi attrattori di forza
lavoro industriale dovranno diventare ambienti in cui qualificare
nuove forme di sperimentazione: le economie della conoscenza, le
nuove identità multiculturali e le culture dell’innovazione.
Di conseguenza, quell’urbanistica
basata sul consumo di suolo e la sottrazione di qualità ambientale
deve riconfigurarsi verso strategie sostenibili e resilienti di
rigenerazione urbana.
Nelle città creative che si
prospettano il fattore determinante sarà la Cultura, intesa non più
come rendita di posizione ed esclusività intellettuale ma come
driver di sviluppo, capace di attivare le risorse sia identitarie
(valorizzando tradizioni e genius loci) sia innovative, declinando le
nuove tecnologie della comunicazione in nuove forme di partecipazione
e cooperazione.
L’obiettivo è quindi quello di
reinventare le città attraverso politiche che sappiano interpretare
i flussi sociali che le attraversano, moltiplicando le opportunità
di sperimentazione creativa e di rigenerazione urbana.
A fronte di questo slancio c’è un dato
che rivela un deficit di governance tale da inibire questo dinamismo:
l’Italia investe solo il 2,4% del Prodotto Interno Lordo in cultura,
conoscenza e innovazione.
In questo senso è opportuno
reinventare uno sguardo per osservare lo scenario e trovare degli
indirizzi, magari tentando di creare un asse di stretta relazione tra
Cultura, Ricerca e Innovazione Sociale, un aspetto quest’ultimo
determinante per affrontare le criticità insorgenti di questa fase
di grave congiuntura economica.
L’innovazione sociale è, in questa
fase di radicale transizione, il miglior processo sperimentale
attraverso cui è possibile individuare altri modelli di gestione del
bene comune, diversi da quelli già consolidati. Si tratta di
rilevare cioè le peculiarità innovative per fare dell’iniziativa
sociale un modello di sviluppo paradigmatico.
Sia chiaro: è di innovazione che si
tratta e non del tessuto sociale tradizionalmente inteso come “fascia
debole”.
Una parola chiave strategica che
rilancia tutte le altre, alla luce della complessità della crisi
oggi in atto è resilienza. Deriva dal latino resalio e significa
saltare, rimbalzare ma anche danzare. Nella fisica dei materiali
indica un’altra idea di resistenza ad una prova d’urto. In
psicologia sta a significare la capacità umana di affrontare e
superare una crisi. Quando si parla di Smart City emerge spesso il
concetto di ecosistema resiliente, lo si associa ad un’idea
particolare d’intelligenza capace di rimodellarsi rispetto alla
complessità degli eventi. Un buon segnale da interpretare per
rimettere in gioco un sistema ormai reso obsoleto dalla velocità del
cambiamento.
Post molto lungo e ricco di spunti.
Ne commento uno per ora sull’innovazione sociale.
È chiaro che è un concetto molto diverso dall’assistenzialismo verso le cosiddette fasce deboli. Sto ripensando alla conversazione avuta pochi giorni fa con un legislatore statunitense mio amico che sta affrontando i problemi derivanti dal riposizionamento in basso dei nuovi lavori disponibili post-recessione con i quali si trova a confrontarsi un’ampia fascia di popolazione dotata di educazione superiore. Adattandosi ai “vecchi” lavori si sposteranno dalla classe media alla soglia di povertà. Il gioco vincente è aiutarli a inventare nuovi mestieri e nuove opportunità.
Al di là di questo, in generale la deprivazione del termine innovazione dalla connotazione sociale è un fenomeno tipico degli ultimi 50 anni, derivante dall’ubriacatura derivante dai successi stupefacenti delle scienze e della tecnologia. Quello dell’innovazione è un concetto nato in maniera indissolubilmente ad una componente di impatto sociale e l’ha sempre mantenuta, anche per il lungo intervallo di tempo durante il quale è stata considerata un termine dispregiativo.