Dai neutroni lenti ai quark, una storia che porta al fisico «che domina il caos»: su Il Sole 24 Ore l’articolo sui grandi protagonisti della Fisica italiana

Condividiamo l’articolo Dai neutroni lenti ai quark, una storia che porta al fisico «che domina il caos», pubblicato sul quotidiano Il Sole 24 ore del 31 ottobre.

Il testo, scritto da Fulvio Ananasso, presidente Stati Generali dell’Innovazione, e Piero Sammartino, celebra il recente Premio Nobel al fisico italiano Giorgio Parisi e l’importanza della Fisica italiana e dei suoi protagonisti nella storia, da Marconi a Fermi, da Emilio Segrè a Carlo Rubbia, da Riccardo Giacconi fino ai giorni nostri.

«Il Premio Nobel a Giorgio Parisi sottolinea la rilevanza della Fisica Italiana – spiegano gli autori – e mostra come questa branca della Scienza stia assumendo sempre più un ruolo centrale rispetto alla nostra stessa esistenza, si pensi al clima, ai fenomeni migratori, alla convivenza civile, al perseguimento della pace». Di seguito l’articolo completo.

 

Dai neutroni lenti ai quark, una storia che porta al fisico “che domina il caos”

Nobel 2021. Il premio di quest’anno a Giorgio Parisi è l’ultimo di una serie di sei, da Marconi a Giacconi, e rappresenta un riconoscimento alla grande tradizione della
Scuola Romana di Fisica, che risale a Enrico fermi e ai ragazzi di via Panisperna.

Dopo Guglielmo Marconi nel 1909, Enrico Fermi nel 1938, Emilio Segrè nel 1959, Carlo Rubbia nel 1984 e Riccardo Giacconi nel 2002, il Premio Nobel per la Fisica è stato assegnato quest’anno al nostro Giorgio Parisi (“il fisico che domina il caos”), Professore Emerito di Fisica Teorica all’Università di Roma La Sapienza e Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Al di là del prestigioso riconoscimento, la facoltà di Fisica a La Sapienza ha radici lontane, e ha generato nel tempo grandi menti, ad iniziare da Enrico Fermi con i suoi “ragazzi di via Panisperna” (tra cui Edoardo Amaldi). La scuola romana di Fisica ha realisticamente posto le basi e indicato la direzione per le grandi affermazioni della Fisica Italiana nel mondo.

Dalla scoperta del neutrone (Chadwick, 1932) alla pila atomica di Chicago (1942), la figura di Enrico Fermi domina il campo internazionale proponendo una prima interpretazione della “interazione debole”, poi con i primi esperimenti con i neutroni (lenti) che provocano radioattività nel 1934. Sino ad allora si pensava che la radioattività prodotta dall’irradiazione di un materiale fosse proporzionale all’energia delle particelle utilizzate, mentre Fermi scoprì che i neutroni rallentati da paraffina provocavano un aumento di radioattività fino a cento volte maggiore. Fermi proseguì poi nelle sue ricerche arrivando al Nobel del 1938, seguito dalla fuga dall’Italia per le leggi razziali e la creazione di un nuovo gruppo a Chicago che porterà alla realizzazione della prima pila atomica (2 dicembre 1942).

Nel dopoguerra, Edoardo Amaldi era stato l’artefice del rilancio della Scuola Romana di Fisica, raccogliendo l’eredità di Enrico Fermi che l’aveva creata e di Orso Mario Corbino che l’aveva ideata e finanziata. Non è immaginabile l’esistenza e l’attività di istituti di ricerca di eccellenza mondiale, come l’INFN o il CERN, senza la sua paziente e instancabile determinazione. Amaldi, pur avendo rilevato per primo (1955) su un’emulsione fotografica i primi due eventi rivelatori dell’antiprotone, preferì la prudenza e fu scavalcato nella corsa al Nobel dall’amico Emilio Segrè, che pur conseguendo i risultati sperimentali sull’annichilimento protone-antiprotone mentre era già da tempo negli USA, proveniva anch’egli dal gruppo dei ragazzi di via Panisperna insieme a Fermi e Rasetti, che fu suo relatore e con lo stesso Amaldi partecipò alle pioneristiche prime esperienze sui neutroni lenti.

Carlo Rubbia, Nobel 1984 per la scoperta dei bosoni vettori intermedi, discusse a Pisa la sua tesi sui raggi cosmici con il relatore Marcello Conversi, il giovanissimo ricercatore romano che nel 1943, dopo il bombardamento di San Lorenzo e i danni subiti dal vicino Istituto di Chimica, caricò i suoi strumenti su un carretto (il giovane Amaldi lo precedeva in bicicletta per guidarlo) per metterli in salvo negli scantinati del Liceo Virgilio in via Giulia, contiguo al Vaticano e dove quindi si sperava non ci sarebbero stati bombardamenti. E l’esperimento di Conversi, Pancini e Piccioni, pur eseguito in assai precarie condizioni, è universalmente riconosciuto come il progenitore della Fisica delle particelle del ‘900. Si deve a loro – che non ebbero mai il Nobel – la scoperta del “muone”, che insieme alla successiva scoperta del “pione” darà il via alla Fisica delle Alte Energie.

Riccardo Giacconi, pure ormai naturalizzato americano, ebbe il Nobel 2002 per i contributi pionieristici all’Astrofisica con la scoperta di sorgenti di raggi X di origine cosmica. Ma a ben vedere, le sue ricerche provengono dagli studi sui raggi cosmici con Giuseppe Occhialini all’Università di Milano e da quelli con Bruno Rossi, con cui progettò strumenti di rilevazione per lo sviluppo della ricerca sui raggi X.

E Giuseppe Occhialini è un altro grande Nobel mancato. Ha studiato Fisica ad Arcetri, dove insegnava Enrico Persico, amico di Fermi, e lavoravano anche Gilberto Bernardini e Bruno Rossi. E proprio ad Arcetri apprende da Bruno Rossi una tecnica che userà in Inghilterra al Cavendish Laboratory, un contatore Geiger adatto a rivelare positroni in una ‘camera a nebbia’ concepita dal suo collaboratore Blackett. Dopo una lunga parentesi in Brasile negli ultimi anni del fascismo, torna in Inghilterra nel 1944 e insieme al direttore del Wills Physics Laboratory di Bristol studia ancora i raggi cosmici con una sua nuova tecnica basata su tracce in emulsioni fotografiche. Così viene scoperto il “pione” (particella di Yukawa) che consentirà la comprensione della “interazione forte”. Ma i Nobel andranno a Blackett (che però riconoscerà subito il debito con Occhialini) per la scoperta del “positrone” (1948) e a Powell per la scoperta del “pione” (1950). Nonostante molti altri contributi alla Fisica delle particelle, Occhialini non avrà il Nobel, e ora si sa che sul suo nome era stato posto un veto per non aver voluto collaborare al “Progetto Manhattan” sulla bomba atomica.

Tra chi avrebbe forse meritato il Nobel senza mai ottenerlo, una menzione speciale spetta al grande Nicola Cabibbo, uno dei fisici italiani più noti a livello mondiale assieme all’altrettanto grande Tullio Regge, per il contributo dato alla conoscenza del mondo delle particelle elementari. Le teorie di Cabibbo (che ha lavorato al CERN di Ginevra e nelle Università di Roma La Sapienza e Tor Vergata) sono presenti in tutti i libri di Fisica quantistica, avendo ottenuto importanti risultati scientifici nel campo della Fisica delle particelle, studiando e formulando nel 1963 la teoria dell’interazione debole, introducendo il cosiddetto angolo di Cabibbo. Nel 1973 Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa (entrambi premiati con il Premio Nobel per la Fisica nel 2008) hanno proposto una generalizzazione multidimensionale del modello dell'angolo di Cabibbo, dalla quale è stato possibile prevedere alcune caratteristiche dei “quark”.

Insomma, la Fisica Italiana rappresenta un orgoglio nazionale da valorizzare e di cui andare fieri.

Una chiave per affrontare la complessità
La Fisica. Oltre la teoria

A seguire l’assegnazione del Premio Nobel a Giorgio Parisi si percepisce come i media e il grande pubblico stiano prendendo sempre più coscienza dello straordinario rilievo della ricerca italiana nel campo della Fisica. Una Fisica che comincia ad affermarsi anche tra i non addetti ai lavori (uno degli autori è ingegnere, l’altro insegnante di Fisica, compagno di studi di Parisi) nel suo ruolo sempre più centrale rispetto alla vita stessa del genere umano sul Pianeta – clima, fenomeni migratori, convivenza civile, perseguimento della pace, ecc. Una Fisica che appare travalicare i confini che la relegavano in un astratto tema di studio per scienziati, consentendo si di interrogarsi sui fondamentali dell’Universo, ma diventando sempre più una disciplina abilitante per una quantità di settori innovativi della nostra vita quotidiana, soprattutto attraverso la trasformazione digitale, che sottolinea la complessità del mondo in cui viviamo.

Accanto al nome di Giorgio Parisi, fa piacere vedere servizi su Fabiola Gianotti, riconfermata alla direzione del CERN di Ginevra, ovvero Anna Grassellino, condirettrice del FermiLab di Chicago, e molte/i altri più o meno noti, che sottolinea la storia e la rilevanza mondiale della Fisica Italiana.

Dopo la scoperta dei neutroni lenti nella vasca dei pesci di via Panisperna che valse il Nobel a Enrico Fermi, va ricordato il contributo nella Fisica delle Alte Energie con particelle provenienti da raggi cosmici (in laboratori d’alta montagna, per ridurre lo strato atmosferico attraversato dalle particelle) o successivamente potenti acceleratori, man mano che si poté disporre di risorse economiche adeguate dopo la ricostruzione post-bellica.

Luis Alvarez, Premio Nobel 1968, scriveva: “La moderna Fisica delle particelle ebbe inizio durante gli ultimi giorni della seconda guerra mondiale, quando un gruppo di giovani italiani, Conversi, Pancini e Piccioni, iniziarono un notevole esperimento” (esistenza del “muone”, allora chiamato “mesotrone”, NDS).

Oltre ai raggi cosmici occorrevano però macchine capaci di accelerare particelle ad energie molto elevate, ed Edoardo Amaldi prima e Gilberto Bernardini poi promossero la costruzione di un potente acceleratore per elettroni, il sincrotrone – esistente all’epoca solo negli USA al Caltech di Pasadena e Cornell di Ithaca (NY) -, realizzato nel 1958 da Giorgio Salvini.

La formazione di una generazione di fisici passa per il sincrotrone di Frascati, antesignano di quei moderni mastodontici acceleratori il cui capostipite fu l’Anello di Accumulazione (AdA,1961) dei Laboratori di Frascati, che fu poi portato in Francia e generò l’Anello di Energia Doppia (ACO). Solo nel 1973 si attivò l’anello Spear a Stanford, mentre negli anni ’80 l’anello SPS del CERN consentì a Carlo Rubbia di rivelare i vettori bosoni intermedi in un processo di collisione protone–antiprotone e unificare così l’interazione debole con quella elettromagnetica.

Si dovrebbe parlare ancora dei Laboratori del Gran Sasso, realizzati in pochi anni per esperimenti in condizioni di silenzio cosmico – e.g. neutrini. Si dovrebbe parlare di tanti altri fisici di primo piano e di diversi altri importanti progetti e iniziative sperimentali, fra cui l’ultima di Edoardo Amaldi per la rivelazione delle onde gravitazionali. Di queste e tante altre utili informazioni si può trovare traccia ne “La Fisica nella cultura italiana del Novecento” (Laterza, 1996) del fisico Carlo Bernardini, che collaborò con Bruno Touschek alla realizzazione di AdA e ci ha lasciato nel 2018, restando nel cuore di tanti suoi allievi e colleghi che hanno potuto apprezzarne il lavoro e le qualità umane.

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