Nessuna delle liste in corsa per le elezioni ha messo tra le sue priorità la diffusione e la libertà della Rete. E dove la questione compare, sono solo accenni ‘di cortesia’ (Monti) o idee vecchiotte (M5S)
C’è una cosa che farebbe risparmiare 19 miliardi allo Stato in tre anni e 4,6 miliardi alle famiglie ogni anno, eppure è trascurata dai programmi politici dei partiti che si presenteranno alle prossime elezioni.
E’ l’Agenda digitale, quell’insieme di norme e misure che permetterebbero all’Italia di diventare un Paese in linea con l’Europa, quanto a innovazione delle imprese, della pubblica amministrazione e delle abitudini delle famiglie.
A dicembre il Parlamento ha convertito in legge il decreto Crescita 2.0, il primo mattone per l’Agenda digitale italiana, ma la costruzione è ancora debole, incompleta e richiederà il forte appoggio del prossimo governo per realizzarsi. Ma se il buon giorno si vede dal mattino, c’è da preoccuparsi: «i programmi dei partiti sono lacunosi o, nei casi migliori, generici e poco aggiornati sul fronte delle misure per il digitale», dice Giuseppe Iacono, fondatore dell’associazione Stati Generali dell’Innovazione.
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