Innovazione e problematiche ambientali

 

– Bianca Clemente

La relazione tra ambiente ed economia diventa sempre più stringente. Le attività umane, soprattutto di tipo imprenditoriale, non riescono ad amalgamarsi più nell’ambito del sistema naturalistico terrestre. E se l’orsa Daniza, aumenta la sua aggressività – costretta ad un radio collare che certamente non capisce ma la spaventa, costretta a nutrire i figli in presenza di scarsità di risorse o riduzione di territorio naturale – l’uomo non è da meno.

Le notizie di questi ultimissimi anni – crisi economica a livello mondiale, cambiamenti climatici, globalizzazione e aumento della criminalità in generale –  ci spaventano, proprio come lo era l’orsa Daniza, e a fronte di ciò possiamo avere due tipi diversi di reazioni : aumentiamo l’aggressività sociale o ci deprimiamo al punto tale da rivolgere sul nostro stesso fisico l’aggressività derivante dall’insicurezza, faccio riferimento agli aumenti di suicidi anche in classi agiate o relativamente agiate.

Il conflittuale rapporto uomo-ambiente è questione annosa ma bisogna ben tenere a mente che non è il mondo animale o vegetale ad inquinare e distruggere gli equilibri, è l’uomo che ha questa caratteristica.

Il problema si presentò all’attenzione dell’opinione pubblica a partire dagli anni 70, non tanto per gli effetti sulla salute umana – che chissà perchè è sempre questione di secondo piano – quanto per le conseguenze economiche nefaste che l’inquinamento porta con sè.

E’ intorno agli anni 70, infatti,  che s’iniziò a focalizzare l’attenzione sulle risorse energetiche ed alimentari per la sopravvivenza del genere umano.

In questo ambito si svilupparono alcuni orientamenti culturali come quelli di Aurelio Peccei (Club di Roma) e dei coniugi Meadows del M.I.T. (autori del libro “i limiti dello Sviluppo”) che proponevano di frenare addirittura la crescita demografica ed economica. (Alberto Azzi – professore ordinario di economia alla Federico II di Napoli )

Da queste teorie si è originata poi quella che è stata definita “la teoria della decrescita felice”, che nell’immediato ha generato disastri e disequilibri ancora maggiori.

Finalmente, solo a partire dagli anni 80, in poi, si è avuto il cambio di rotta e si è cominciato a parlare concretamente della scarsità delle risorse naturali e degli sconvolgimenti ambientali, ponendo le risorse ambientali al primo punto delle Agende dei governi mondiali.

La “guerra alle porte” non ci aiuta. 

Gli eventi catastrofici e drammatici che stanno interessando i paesi Mediorientali, in varia misura e per motivazioni apparentemente diverse (in realtà a muovere queste guerre, dette di “religione”, materialmente, sono motivi economici per il predominio sulla gestione delle fonti energetiche come il petrolio ed il gas, molto presenti nella piattaforma nordasiatica, o quanto meno vengono  finanziate con il  commercio illegale di petrolio ed il contrabbando d’armi), sono il sintomo dello squlibrio che le ideologie della decrescita ed orientali hanno ingenerato scontrandosi con le filosofie occidentali, in un quadro più ampio di estremo sfruttamento delle risorse e mancanza di programmazione ed orientamento delle produttività più “intensa”.

L’inversione di tendenza nel rapporto tra uomo e ambiente, di cui si diceva, che a partire dagli anni 80 ha issato la propria bandiera di “sacrosanta battaglia moderata”  non gode dello stesso finanziamento di cui si avvalgono gli jihaidisti ed i fondamentalisti, purtroppo, tuttavia le idee in campo sono veramente tante e tutte abbastanza valide.

Innovazione salvezza

Le problematiche ambientali non entrano in conflitto con lo sviluppo e l’occupazione.E’ stato accertato che le innovazioni orientate all sostenibilità ambientale e tecnologica potrebbero portare un aumento dell’occupazione di circa il 30% in più dello stato attuale. Sono cifre certamente orientative ma molto significative proprio in tempi in cui la chiusura di molti impianti produttivi ha portato ad un drastico calo della “ssotenibilità economica”

Infine la Carta dello sviluppo sostenibile prevede una politica ambientale a supporto e sostegno delle imprese che potrebbe ampliare le figure collaborative,  e a sua volta la politica ambientale, si prevede venga supportata dall’area R&S – altro settore che necessita di sviluppo lavorativo – per gli aggiornamenti, controlli e certificazioni.

Le certificazioni  di salvaguardia ambientale in Eurpa si chiamano E.M.A.S. – certificazione europea di gestione ambientale – più note con il nome di EDP – dichiarazione di produzione sostenibile.

Come si ottengono facilmente queste certificazioni? Con il monitoraggio positivo delle attività produttive volte a prevenire la formazione di gas serra ed inquinanti dagli scarti. con la riduzione di anidride carbonica e con lo stoccaggio dei rifiuti dannosi o pericolosi.

Queste tecnologie prendono il nome di Carbon Capture and Storage e potrebbero, secondo la IEA (International Energy Agency) consentire una riduzione delle emissioni globali di circa il 20-28% entro il 2050.

E’ questa la politica di Europa 2020 per l’ambiente, ma è stato sottolineato, in altra sede, come non solo il tetto percentuale di riduzione inquinanti sembra difficile da raggiungere allo stato attuale, ma addirittura si rivela ben poca cosa contro le accelerazioni che gli stessi inquinanti stanno evidenziando negli ultimissimi anni.

Cultura della innovazione

A questo punto , dopo aver studiato tutti i tipi di flessibilità applicabili alla produzione di ogni settore – di cui si è fatta veramente una sommaria sintesi in questa sede –  per “amalgamare” l’uomo alla sostenibilità ambientale, non resta che fare una semplice considerazione: l’innovazione è un abitus mentale, è cultura in senso proprio.

Ad esempio

Un sistema di acquisti che privilegi prodotti a minor impatto ambientale (green procurement), , se adottato dalla Pubblica Amministrazione, assume la dimensione notevole del 18% del Pil nazionale.

Un indirizzo preciso in tal senso lo dà il Libro verde sulla politica integrata dei prodotti della Comunità Europea e la Direttiva 2004/18/CE del marzo 2004 riguardante le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.

La V.I.A  (Valutazione d’Impatto Ambientale) e la V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica), così diventano strategie economico-ambientali fondamentali

La V.I.A. nasce in America intorno agli anni 70 ed è stata introdotta in Italia dal D.P.C.M. 10/08/1988 in base ad una Direttiva Europea aggiornata con D. Lgs. 152/2006.

La .V.A.S. proviene da una Direttiva 2001/42/CE per garantire un elevato livello di protezione ambientale.

Sono obblighi con cui le imprese e le Pubbliche Amministrazioni devono comunque fare i conti, al fine di implementare quella “cultura” ed “abitus” mentale così tanto restii ad “attecchire” in “ambiente umano”

 

 

 

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